antonella cilentoIn occasione delle celebrazioni per il ventennale delle attività dei nostri laboratori, il quotidiano La Repubblica, nell'edizione napoletana, ha dedicato un'intera pagina ad Antonella Cilento con un lungo e bello articolo di Conchita Sannino, che ripercorre la storia personale e professionale della scrittrice fondatrice e direttrice de Lalineascritta. Di seguito un estratto dell'articolo:

 

I volti di Napoli

Antonella Cilento. La scrittrice che fa scuola

di CONCHITA SANNINO

Un incontro imprevisto. E a favorirlo, fu la dedica lungimirante di un padre. La bambina con gli occhiali stava entrando nella piena adolescenza quando incrociò un'altra ragazzina miope. Che le avrebbe indicato una strada. Erano i primi anni Ottanta, Antonella sfogliava quel Meridiano sui "Racconti italiani del Novecento" che le aveva appena regalato il papà, con l'augurio scritto in bella grafia: e lei, seduta sulla balconata luminosa di un elegante palazzo del Vomero, era certa che il suo gioco costante, la lettura tentatrice, le avrebbero regalato ancora divagazione, viaggio, avventura. Alla Dumas, alla Verne.

Invece sotto le lenti le capitò "Un paio di occhiali", racconto di Anna Maria Ortese. Uno choc. "Lì dentro fui investita dalla realtà", ricorda la folgorazione Antonella Cilento. "Quel senso di deformazione e nausea che conoscevo bene per aver inforcato anch'io da pochi giorni la mia montatura; l'ottico di via Roma, dov'ero stata con mia madre, che poi era lo stesso del libro; il sentirsi caricati della responsabilità del costo dell'oggetto, e la rappresentazione impietosa di vicoli e miseria, pezzi di città di cui non ignoravo l'esistenza. Quelle pagine parlavano proprio a me. Di me. Scoprii che la letteratura poteva portare non solo fuori e molto lontano, ma anche scagliarci con forza dentro noi stessi".

La Cilento, che a 42 anni conserva lo sguardo vivace e la curiosità intatta della ragazzina dietro gli occhiali, è nata come scrittrice quel giorno. A 18 aveva già letto la "Recherche" di Proust e Joyce. E non si è mai fermata. Ha fondato uno dei primi laboratori italiani di scrittura creativa, "La linea scritta", che proprio oggi (stesso giorno del suo compleanno) festeggia vent'anni tondi, che saranno celebrati con una lunga serie di corsi di vari livelli, di stage con poeti e con autori importanti, di incontri aperti al pubblico sui classici della letteratura europea, e sul confronto tra grandi opere liriche e grandi romanzi (l'agenda su www. lalineascritta. it).

Ha attraversato l'Italia da Bolzano a Lecce, da Perugia a Palermo passando per Siderno, in Calabria, "dove c'era una libreria Mondadori in mezzo al nulla", sempre portando il suo bagaglio invisibile di formatrice: una solidissima "cassetta degli attrezzi" per smontare e rimontare frasi e concetti, lavoro artigianale che serve non solo a chi narra, ma anche a chi si ostina a coltivare lettura e pensiero come azione. E ha scritto, molto. Mai con leggerezza, piuttosto con affondo calibrato e lieve. "Fortuna che mi hanno fatto aspettare, dai 22 ai 30 anni per pubblicare il primo libro: la gavetta fa bene, la fatica fortifica, sentirsi scrittori prima di esserlo fa danno", esorta sorniona.

Dall'esordio felice di "L'ora d'aria", è oggi al dodicesimo libro, il romanzo più recente e il suo più deciso noir, forse uno dei suoi migliori testi per come l'ironia convive nel cupo dipanarsi della trama, "La paura della lince", ambientato nei Campi Flegrei, autentico rifugio per la Cilento, i cui riferimenti più riconoscibili vanno dalla Ortese a Gustav Herling, dalla lezione di Pier Vittorio Tondelli a quella della Dickinson, passando per La Capria e Melania Mazzucco. Ma senza stancarsi di scavare il suo percorso, di accostare i generi, di levigarne uno proprio. "Cervantes diceva che i romanzi si scrivono in vecchiaia, è lavoro di pazienza. Mai avere fretta, mi dico. Secondo: rileggersi. Limare all'infinito, perché c'è sempre, se torni tra le tue righe, qualcosa che hai lasciato fuori posto". Altro che editoria mordi e fuggi. "Sono sconcertata dalla produzione di decine e decine di volti televisivi, c'è una responsabilità molto forte degli editori: credono che abbassare l'asticella fino a terra aiuti a saltare. No. Semplicemente, autorizza a non saltare più".

É quasi dallo stesso balcone di quand'era ragazzina, appena qualche piano più su, che si riaffaccia ora. Da napoletana che ha scelto di restare qui. "Da Yourcenar alla Morante, ritenevano Napoli una delle capitali culturali nel mondo, e lo dicevano in pieno dilaniato Novecento, perché guardavano oltre le lacerazioni". Ancora all'incrocio tra Vomero e Posillipo, dunque. Nella casa che ti aspetti esattamente carica di libri, premi letterari, dipinti e stampe d'autore, e appunti dedicati agli allievi dei corsi, tutto ordinatamente mischiato a ricordi e foto di vita quotidiana, e le copertine dei suoi numerosi libri in un angolo laterale, mentre lo spirito (ironico) di casa è incarnato non a caso da Saittella e Tobia, i due gatti adagiati tra libreria e divano, sazi non solo di letteratura, quasi incuranti di ospiti e tazze. Solo pochi metri di condominio dividono la luminosa casa di Antonella e del suo compagno Paolo ("il mio sostegno vero, il mio fan: sì, so che è raro, non solo tra le autrici") da quel salone d'infanzia, dai genitori e da un altro pilastro: nonna Maddalena, ramo sardo della famiglia, gioviale signora che a giorni spegnerà la bellezza di 102 candeline.

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