metropolitanmagazine.it L'intervista ad Antonella Cilento pubblicata il 17 ottobre sulla rivista online Metropolitan Magazine.

Nel 2014 sei stata finalista al premio Strega con Lisario o il piacere infinito delle donne. Uno dei temi portanti del romanzo è il piacere femminile, che ancora oggi – come nel tuo libro – è visto con fascino e paura. In un periodo storico in cui la cultura e l’educazione sono chiamate ad affrontare il problema della disuguaglianza e della violenza di genere, che ruolo può giocare la narrativa?

La narrativa è purtroppo diventata una parola equivoca, poiché esiste ormai una narrativa del potere, una narrativa dei media, una narrativa per ogni forma di bugia. Dunque, per quanto mi riguarda, cerco di ricordarmi che la scrittura del romanzo o del racconto è una forma d’arte, sì, in prosa, dunque narrativa, ma che ha il compito di essere al servizio del vero e non di ciò che ci appare reale, come diceva Elsa Morante. L’arte della scrittura pretende sempre, e in tempi falsi come i nostri anche di più, d’essere rigorosa, connessa alla nostra anima, testimonianza e non cronaca. Insomma sta a chi scrive non praticare false etiche di superficie, il politicamente corretto che si trasforma in narrativa di regime e propaganda. Sta a chi scrive coniugare atti estetici di qualità estrema con la profonda verità interiore. Ci è indispensabile correre rischi espressivi (e non solo), è necessario essere coerenti e divergenti. Insomma, all’arte io chiedo di andare contro corrente, di non consolare, di non attutire o giustificare. Se un gesto scritto non è compiuto in ogni direzione, estetica e morale, fallirà, sarà mera descrizione del percepito. La letteratura nasce anche dalla nostra profonda percezione delle cose ma non galleggia sul percepito. La menzogna letteraria serve a dire la verità non bugie, né a simulare false indignazioni o fomentare divisioni e odio. C’è bisogno, insomma, di vera letteratura. ...

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